sabato 1 maggio 2010
Cassazione:comuni responsabili dei danni causati da cani randagi
Per una volta tanto, la colpa non è del cane. C’è quasi da stupirsene. Ogni volta che avviene un episodio negativo in cui il protagonista, suo malgrado, è un “fido” qualunque, la responsabilità dell’accaduto è inizialmente quasi sembre affibiata a lui. In Italia i “fido” senza padrone sono circa 600.000, stima probabilmente al ribasso. C’è chi, nella sfortuna, buon per lui, vive in un canile accudito da volontari, c’è chi invece sopravvive, non per lungo tempo in qualche canile lager, fenomeno contro il quale testate giornalistiche e programmi tv e politici stanno cercando di lottare in modo concreto.
Poi ci sono i “cani di nessuno” quelli che vivono per strada, divisi in “stanziali”, “abbandonati” e “disperati”. I primi, non sempre, ma di norma se la cavano benino per qualche anno, salvo che non vengano barbaramente uccisi, per divertimento da esseri che definire persone è oltraggioso verso il resto dell’umanità. I secondi solitamente vengono reclusi in canili o si associano agli stanziali, quando va bene, se va male vengono sbranati da loro simili affamati oppure uccisi anch’essi da individui senza pietà, ne cervello.
I terzi sono quelli che circolano da lungo tempo per le strade, scacciati da tutti senza un motivo apparente e invisibili anche ai volontari che non possono, nemmeno loro, arrivare dappertutto. Probabilmente malati, senza difese immunitarie, non riescono a sopravvivere molto in questo mondo e per quel tempo che riescono non conoscono certo la felicità che può dare la vita, a loro non è permesso conoscerla.
Di tutte queste “categorie” di cani, è legalmente responsabile il comune in cui essi “risiedono”. E’ infatti responsabilità municipale quella di prevenire e combattere il randagismo, fornendo cibo, cure mediche e strutture idonee ad ospitare i poveri quadrupedi. Tutto questo troppo spesso non succede e la colpa non è mai di nessuno, se non del cane, per il solo fatto di essere nato. Agghiacciante.
La Corte di Cassazione pochi giorni fa ha ribaltato una sentenza d’appello in cui veniva scagionato il comune di Roccamonfina, provincia di Caserta, dal risarcire i danni ad una signora 80enne “aggredita” da un cane randagio. In realtà non c’è stata nessuna aggressione, anche perchè il cane in questione è risultato essere di taglia decisamente contenuta ( 6-7 kg), semplicemente sembra che la donna in questione si sia spaventata oltremodo per il sopraggiungere e l’abbaiare del cane e sia caduta da sola.
La sentenza d’appello non aveva attribuito la responsabilità all’istituzione in quanto, appunto, la signora non era stata aggredita, in realtà il cane non l’aveva nemmeno sfiorata; di conseguenza, secondo i giudici della corte d’appello, il riarcimento comunale all’anziana signora non era per niente dovuto.
La Cassazione però l’ha pensata in modo completamente opposto: definendo la precendente sentenza “intrinsecamente illogica e antigiuridica” i supremi Giudici hanno stabilito che “sussistendo l’illecito, cioe’ l’indebita presenza sulla strada del cane randagio la peculiare debolezza e sensibilita’ della vittima che si è spaventata ed è caduta, per il timore di essere morsa dall’animale che le abbaiava contro, manifestando intenzioni aggressive, non rende il danno meno grave e ingiusto“
L’espressione “sussistendo l’illecito” è dirimente: il cane non avrebbe dovuto essere lì, ma “trattenuto” nonchè accudito da strutture e personale appositamente dedicato.
“nè l’eventuale debolezza o lo scarso controllo dei propri movimenti da parte della vittima – prosegue la sentenza della Cassazione – valgono di per sè ad escludere il nesso causale fra l’illecito e il danno, salvo che si dimostri che tali condizioni fossero di tale gravita’ da potersi considerare sufficienti da sole a produrre l’evento”. In poche parole, perchè il comune non fosse responsabile della caduta della donna, questa avrebbe dovuto inciampare e fratturarsi il femore da sola, senza però che fosse presente un cane randagio, in quanto quello stesso randagio non avrebbe dovuto, ne potuto essere lì. E’ augurabile che tale, oculatissima sentenza, confermando il dovere municipale di accudire gli animali in difficoltà sul proprio territorio, “faccia giurisprudenza“.
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